La tesi
Sono trascorsi sette anni da quando ho discusso la mia tesi di Dottorato al Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna. Framing Death – La morte in diretta, tra cinema e media digitali era un lavoro multidisciplinare che cercava di dar conto di alcune manifestazioni della morte raccontate in certi prodotti audiovisivi e diffuse da quelli che, ai tempi, erano identificati come new media.
Da allora ho potuto approfondire in contesti internazionali molti dei temi trattati nell’elaborato, tenendo corsi in Inghilterra e pubblicando articoli e capitoli in curatele che trattavano, finalmente con la dovuta scientificità, alcuni dei casi di studio a cui avevo dedicato dettagliate analisi nella tesi, ma che avevano spesso trovato spazio su pubblicazioni dall’approccio meno rigoroso.
Devo anche ammettere di aver preso una “salutare” pausa dall’argomento, avendo realizzato ben presto che, come ben sa chi si occupa di Death Studies e media, quest’area di ricerca richiede uno sforzo emotivo non indifferente. Un impegno che è difficile mantenere con l’intensità che richiede il metodo scientifico su un periodo eccessivamente lungo.
La collana Alphabet
Oggi Framing Death – La morte in diretta, tra cinema e media digitali è ufficialmente disponibile come libro, primo volume di Alphabet, la nuova collana di volumi con cui l’Università di Bologna e Bononia University Press, la sua casa editrice, intendono valorizzare le tesi elaborate all’interno dei Dottorati di ricerca dell’Alma Mater. Sono senza dubbio onorato di poter partecipare a questo progetto, potendo presentare ad un pubblico più vasto una ricerca sviluppata per un’audience in primo luogo accademica. E ne sono doppiamente contento perché in questi anni il file digitale era stato ampiamente consultato da studenti e ricercatori tramite il repository di ateneo, iniziando a riscontrare un interesse che ora, mi auguro, possa estendersi ad un parterre di lettori più ampio.
Il libro
Con questo libro, rivisto e finito di aggiornare durante il lockdown per il coronavirus dopo aver completato il processo di peer review, ho tentato di rispondere ad alcune domande, non meno stimolanti oggi di quando ho iniziato la ricerca: perché siamo affascinati dalle rappresentazioni della morte? Che cosa ci attrae dei contenuti audiovisivi ritenuti inaccettabili e morbosi? Partendo dalle origini del cinematografo, ho analizzato le strategie promozionali, la ricezione critica e il fandom di film che in passato sono stati censurati e al tempo stesso avidamente collezionati, oggetti proibiti che sono ormai considerati prodotti di culto presso specifiche nicchie di pubblico.
Uno studio che si intreccia con l’impatto che la tecnologia ha avuto sulla diffusione delle immagini di morte: dal filmato Zapruder alla nascita degli shock sites, dal fenomeno del War Porn ai killer che utilizzano ingegnosamente i social media. Dai cosiddetti snuff movies e shockumentaries a certe manifestazioni dell’arte contemporanea, dalla “necrocultura” al terrorismo, quello proposto è un percorso all’interno del caos della morte dall’era analogica a quella digitale.
A questo link è possibile acquistare il volume cartaceo o scaricarlo gratuitamente in formato digitale Open Access. Colgo l’occasione per ringraziare ancora il Prof. Guglielmo Pescatore, che ha seguito il progetto di tesi originale; tutti i colleghi il cui input ha contribuito a stimolare la mia ricerca; e lo staff di Bononia University Press, che con grande cura ha seguito il processo editoriale.